Cia Salerno e Cia Campania sono al fianco dei produttori di latte vaccino contro riduzioni unilaterali del prezzo del latte alla stalla e chiedono che la Regione Campania si faccia parte diligente per una verifica immediata dei valori con i vari attori affinché vengano definite regole certe che garantiscono la sopravvivenza degli allevamenti locali che conferiscono latte “contrattualizzato”.
È questa la reazione di Cia in Campania dopo l’allarmante situazione che si va generando in provincia di Salerno sui prezzi ed i contratti di cessione tra allevatori e trasformatori e imbottigliatori nel comparto del latte vaccino.
Gli allevatori della provincia di Salerno soci Cia lamentano riduzioni del prezzo del latte che, da inizio anno ad oggi, è calato da euro 0,60 a euro 0,53 con una inspiegabile riduzione di circa il 10 %.
“I prezzi di riferimento in provincia di Salerno si agganciano ai prezzi del latte alla stalla della Lombardia ripresi dal Clal e su tale parametro sono stati redatti i relativi contratti – spiega Domenico Serlenga, direttore Cia Salerno. Unica variante è solo il riconoscimento di una piccola maggiorazione per l’alta qualità.
“Oggi è cambiato tutto – afferma Serlenga – Non solo inspiegabilmente il dato Clal sul prezzo del latte in Lombardia a maggio è crollato di un altro centesimo (mentre il latte spot è aumentato da fine aprile ad oggi di circa il 10%), ma ci vengono comunicati contratti nuovi al ribasso rispetto al prezzo espresso dal Clal sul latte della Lombardia”.
“Riteniamo che tale parametrazione sia ingiusta – sottolinea il presidente di Cia Campania, Raffaele Amore – se si tiene conto che i nostri allevamenti operano spesso in aree marginali dove le ovvie caratteristiche agronomiche dei terreni e le carenze strutturali li pongono sicuramente in una condizione sfavorevole nei confronti dei colleghi del Nord”.
Un allevatore delle aree interne del salernitano comincia a guadagnare qualcosa dopo il 25° litro di latte prodotto e ciò a causa dei costi dei mangimi, del fieno e dell’energia.
“In buona sostanza il lavoro ed il sudore degli allevatori spesso basta appena a remunerare la distribuzione organizzata lasciando agli stessi margini di poco conto – sottolinea il presidente Amore.
In una situazione così poco chiara, ancora una volta i produttori sono penalizzati e in particolare gli allevatori delle zone interne che conducono aziende spesso a carattere familiare, secondo tecniche di allevamento tradizionali dove prevale il rispetto degli animali e la qualità naturale del prodotto e che giammai possono confrontarsi con le stalle industriali della pianura padana.