Con il suo esempio e i suoi numerosi appelli, Malala Yousafzai è diventata un faro nella lotta contro l’oppressione delle donne di tutto il mondo. Ecco la sua storia. Il suo nome è da qualche anno sinonimo di coraggio e forza di volontà, una fonte d’ispirazione per le tante donne, ragazze e bambine che lottano per la propria libertà e la parità dei diritti di genere (ossia l’uguaglianza tra uomo e donna). Stiamo parlando ovviamente di Malala Yousafza, la ventiquattrenne pakistana diventata tra le più celebri attiviste e blogger del mondo.
Tutto ebbe inizio quando Malala era una normalissima bambina di 11 anni e abitava in un villaggio del Pakistan. Sveglia, intelligente e molto curiosa, Malala adorava andare a scuola ed era convinta che grazie all’istruzione avrebbe potuto realizzare i suoi sogni. Un giorno però i talebani, il gruppo di estremisti islamici armati fino ai denti, giunsero nella valle dove Malala viveva con la sia famiglia e di colpo tutto cambiò. Questi fondamentalisti religiosi infatti volevano (e vogliono tutt’ora) relegare le donne al solo ruolo di madri e mogli obbedienti, vietandole dunque l’accesso a impieghi, posti di responsabilità e perfino alla possibilità di frequentare le scuole con i loro coetanei. Una femmina – pensano i talebani – non deve pensare o istruirsi, ma solo imparare a badare alla casa e fare tanti figli!
Malala però non accettò di dover rinunciare alla sua vita ed essendo dotata di un’ottima capacità di scrittura, cominciò a tenere un blog in cui rivendicava il diritto di tutte le donne di ricevere un’istruzione e poter godere delle stesse possibilità dei maschi. Ovviamente questo non piacque per nulla ai talebani, che si sentivano minacciati da questa voce fuori dal coro. E le conseguenze non si fecero attendere… Il 9 ottobre 2012 infatti, un gruppetto di uomini armati avvicinò lo scuolabus sul quale stava salendo Malala e le spararono in testa. Esploso il colpo, i sicari si allontanarono lasciando la ragazzina per terra in un bagno di sangue. La storia di Malala però non era destinata a finire nel modo progettato da quei vigliacchi.
Trasportata di corsa all’ospedale locale, Malala infatti venne salvata al termine di una lunga operazione chirurgica e un ospedale di Birmingham, in Gran Bretagna, si offrì di accoglierla. Scampata alla morte, Malala non si fece intimidire dalle minacce talebane (che rivendicarono l’attentato) e con il suo blog, i suoi discorsi e i suoi viaggi, divenne la paladina mondiale per l’affermazione dei diritti civili delle donne del suo Paese (e di tutto il globo). Il 12 luglio 2013, giorno del suo sedicesimo compleanno, si presentò davanti ai grandi del pianeta e parlò al Palazzo di Vetro, la Sede dell’ONU a New York, trasmettendo un messaggio pacifico ma deciso per ribadire la necessità di compiere ogni sforzo possibile affinché tutti bambini del mondo possano andare a scuola e avere la chance di costruirsi un futuro.
Per i suoi sforzi, nel 2014 ricevette a Oslo, il Premio Nobel per la Pace. La sua frase più celebre – “Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo” – è ormai diventata una citazione storica. Oggi Malala è fresca di laurea all’Università di Oxford, continua a scrivere libri (il suo più celebre Io sono Malala è ormai un bestseller mondiale) e continua a battersi per la difesa delle donne. È dell’ottobre del 2021, ad esempio, un accorato appello all’attenzione internazionale sugli avvenimenti in Afghanistan, dove il ritorno dei talebani sta facendo ripiombare il Paese nel regime oscurantista e repressivo che la giovane conosce fin troppo bene.