Avellino e provinciaCronaca

Caos nel carcere di Avellino, detenuti protestano. Rivolta durata due ore. L’ira dei sindacati: “da giorni si ripetono violenze contro il personale”

È durata poco più di due ore la protesta di un gruppo di detenuti del carcere di Bellizzi di Avellino. Le prime notizie che si erano diffuse indicavano in 50 i detenuti in rivolta nell’ala A e B del carcere. Si diceva di olio bollente per aggredire il personale di polizia penitenziaria. Violenza diffusa e via di questo passo, tanto che all’esterno c’è stato un dispiegamento di forze dell’ordine massiccio. Infatti è scattato il dispositivo previsto in questi casi gravi sotto il coordinamento del Prefetto e del Questore di Avellino. Sono giunte così pattuglie di Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza. A riportare la serenità tra le sbarre del penitenziario avellinese ci hanno pensato gli agenti antisommossa di Avellino e Napoli. Molto dure le note dei sindacati che da giorni hanno reso noto episodi di aggressione al personale da parte dei detenuti. @Un altro giorno di ordinaria follia, di sistematica e di vigliacca violenza stavolta per la comminazione di sanzioni disciplinari ad alcuni detenuti particolarmente facinorosi. Ogni pretesto – scrive il SiNAPPe -è buono per devastare, aggredire, ferire e distruggere. Episodi disseminati sul territorio che testimoniano, però, un sistema carcerario al collasso, con i penitenziari che sono oramai diventati dei “contenitori” del disagio psichiatrico, dei “serbatoi” di ogni sorta di violenza come se i nostri penitenziari fossero diventati dei territori di frontiera narrati nella peggiore delle pagine di cronaca nera sudamericana, con il personale in divisa che dovrebbe con la sola forza del pensiero e della persuasione ristabilire l’ordine e la sicurezza intramuraria nel caso di eventi critici, senza però usare scudi e manganelli anche dinanzi alle devastazioni più becere, sotto l’egida dell’art. 613-ter del Codice Penale. A cosa sono servite le “nuove” linee di intervento pensate dal Capo del Dap, Giovanni Russo, in materia di aggressioni? A nulla! E per evitare di incappare in errori, per non patire altre ingiustizie, per non dover poi leggere che l’uso della forza – anche se disciplinata dall’Ordinamento Penitenziario – è un “sentimento” diffuso in buona parte degli operatori immaginati sempre come degli indomiti picchiatori occorre indugiare aspettando che l’ira funesta dei rivoltosi passi ma, nel contempo, l’ennesima sezione è messa a soqquadro. Forse è giunto il momento di scendere in piazza per gridare l’imbarazzante disarmo dell’Amministrazione Penitenziaria dinanzi alla dilagante devastazione delle carceri della Nazione, per il silenzio e la totale assenza di una seria politica penitenziaria fatta non di miracolistiche opinioni ma di concrete iniziative”.

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