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Carnevale, festeggiamo con canti, balli e fritti

Tantissimi modi ed infiniti piatti per celebrare questa ricorrenza da città a città e in Irpinia addirittura da paese a paese con i propri balli, colori e sapori…

Se il carnevale più antico d’Italia risulta essere quello di Fano, pare che risali al 1347 e affonda le sue radici, almeno secondo leggenda, nell’episodio della riconciliazione tra le due più importanti famiglie fanesi del tempo, i Del Cassero e i Da’ Carignano. In Irpinia il posto d’onore spetta sicuramente alla “Zeza di Bellizzi Irpino”.

Origini della Zeza di Bellizzi

Infatti, la canzone “di Zeza” va in scena dal ‘600 e da allora è caratterizzata dal fatto che gli attori, anche quelli che occupano ruoli femminili siano solo maschi. Dovuto perché a quel tempo era improponibile che una donna potesse recitare per strada o nei teatri. Ma questa celebrazione di origini napoletane trova terreno fertile proprio nella frazione avellinese di Bellizzi Irpino. Perché anticamente Bellizzi Irpino era chiamato il “Casato delle Bellezze”, per la posizione geografica e le bellezze dei luoghi, che durante la bella stagione ospitavano i regnanti napoletani che si dedicavano alla caccia, come riportano i vari testi storici. E come la leggenda di Fano ma, in veste più colorata e festosa, anche la “Zeza” si lega a litigi familiari.

La trama
 Il racconto nasce intorno a una famiglia contadina, Pulcinella, il padre, Lucrezia (Zeza), la madre, Porzia (Porziella) la figlia. Coinvolti in una questione di “onore” (tipico del Sud) che si risolve con una grande festa e una esagerata “abbuffata” (Carnevale) tra i canti e il ballo della tradizionale “Quadriglia”. Attorno a loro nasce il racconto. Pulcinella è appena uscito quando la moglie, “Zeza” e la figlia “Porzia” escono nell’aia e intonano un canto atto a richiamare gli uomini che si trovano nei dintorni “Azzeccativi cacciaturi mmò chi è ll’ora re lo magnà, Aimmo fatto na bella n’zalata, cicirifuogli e alice salate, chi vuò fà due bei bocconi due piccioni ci voglio spennà, chi ha appetito venesse a magnà”. Tutto questo per trovare marito alla bella figlia.

Carnevale, altri balli, storia e gastronomia

L’euforia di questo periodo dell’anno ha portato nel tempo alla creazione di capolavori gastronomici tant’è non vi è cucina che non conosca “i fritti di Carnevale”, festa laica dell’abbondanza e del godimento. Ma bisogna sapere che la “frittura”, di cui si trovano evidenti tracce in ogni epoca e in ogni angolo del mondo, ha saldi legami con le tradizioni religiose. Nel Medioevo Europeo, era consuetudine, distinguere tra fritture “quaresimali” e “non quaresimali”, le prime cotte nell’olio e le seconde nel lardo, uno ritenuto un grasso penitenziale e l’altro di festa. E come tutti sanno “street food” vuol dire frittura. Il cibo di strada è soprattutto fritto, quindi, più buono e più trasgressivo. A carnevale ogni cibo vale! Per divertirsi tra infinite golosità a Montemarano oltre ad offrire il divertimento con il suo ballo travolgente della “tarantella montemaranese”.

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