CronacaNorme e tributi

Niente tenuità del fatto alla madre che impedisce al padre di vedere i figli


Per la Cassazione, impedire sistematicamente al padre di vedere i figli impedisce l’applicazione del 131-bis.

L’articolo 131 bis c.p è una forma di assoluzione che scatta nel momento in cui il fatto, seppur reato è di particolare tenuità e quindi di scarso allarme sociale.

Veniamo al caso in cui la ex moglie impedisce al padre di vedere i figli, cosa che capita spesso, purtroppo.

I figli, dopo una separazione sono spesso oggetto di contesa o meglio diventano lo strumento attraverso il quale si consumano le vendette più sottili, quelle che fanno male, perché privano i papà dei loro affetti più cari ed i figli del papà, per loro un affetto importante come la madre.

Non condivido l’idea, diffusa che i figli hanno bisogno principalmente della mamma, i figli hanno bisogno dei genitori che seppure smettono di essere marito e moglie, resteranno sempre e comunque genitori e la tutela dei figli e l’amore per loro dovrebbe essere la priorità rispetto ad ogni forma di “vendetta”.

La vendetta più frequente, essendo la madre, quasi sempre la collocataria dei minori, è quella di impedire al padre di poterli vedere, in barba al provvedimento reso dal Tribunale che stabilisce giorni e orari in cui il papà può vedere i bambini.

In verità anche su questo avrei da ribattere sostenendo che nessuno può stabilire giorni e orari in cui un padre può vedere i propri figli, un diritto a mio avviso non soggetto ad alcuna forma di regolamentazione poiché i figli, immagino, hanno diritto di vedere il proprio genitore quando ne hanno più voglia, bisogno e desiderio.

La mamma che impedisce al marito di vedere i figli incorre nel reato previsto e punito dall’art. 388 c.p., che secondo la Suprema Corte non può vedersi applicare l’articolo 131 bis c.p. ossia l’assoluzione per particolare tenuità del fatto.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 47882/2023, con cui la seconda sezione penale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una madre avverso la decisione del giudice del rinvio che, ribaltando la sentenza di assoluzione per particolare tenuità del fatto, l’aveva condannata per il reato ex art. 388, comma 2, c.p., per non aver consentito al marito separato, per quattro mesi, di vedere i figli a lei affidati.

La donna proponeva ricorso chiedendo l’annullamento della sentenza e dolendosi dell’omessa applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p.

La S.C., tuttavia, ha confermato la decisione ritenendo che il giudice del rinvio avesse correttamente escluso che le modalità della condotta elusiva, protrattasi per un periodo apprezzabile, con “sistematicità” e “in termini del tutto ingiustificati”, nonché il danno cagionato al padre dei minori non consentissero di ritenere l’offesa di particolare tenuità.

Condivido appieno quanto stabilito dalla Suprema Corte ed anzi aggiungo che andrebbe valutata la possibilità di un ristoro dei danni in favore dei minori, premesso che il danno non è solo del papà ma soprattutto il loro.

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