Nella mattinata odierna, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Salerno hanno dato esecuzione a un’ordinanza applicativa di misura cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Potenza su richiesta di questo Ufficio nei confronti di MAROTTA Fedele, nato a Polla e di altro soggetto rimasto irreperibile, indagati, unitamente ad altri soggetti – sia noti che in via d’identificazione – per estorsione aggravata, simulazione di reato e calunnia.
Il provvedimento cautelare segue una complessa attività investigativa svolta attraverso intercettazioni, escussioni di persone informate, perquisizioni, esami di tabulati e di smart phone che è stata svolta dai CC di Salerno coordinati dalla DDA potentina.
Segnatamente, il Giudice ha ritenuto — ferma restando la presunzione di non colpevolezza fino condanna definitiva — la sussistenza di gravi indizi a carico dei predetti indagati che, in concorso tra loro, con azioni coordinate e dettagliatamente preordinate, alla fine del novembre 2023, avrebbero simulato un rapimento a scopo di estorsione per ottenere un ingiusto profitto economico in danno dei familiari del Marotta Fedele e, segnatamente, dal cognato del predetto, P. Angelo, imprenditore residente in provincia di Parma, marito di P. MAROTTA, sorella dell’indagato MAROTTA Fedele.
In particolare, emergeva – sulla base degli indizi raccolti, e, segnatamente di testimonianze, messaggi telefonici acquisiti e delle intercettazioni —che MAROTTA Fedele, il giorno del presunto rapimento a scopo di estorsione, avrebbe simulato di essere in procinto di incontrare, in zona di Padula, dei soggetti collegati al clan dei casalesi che lui stesso —come raccontava alla sorella P. nel corso di una concitata telefonata – intendeva dissuadere dal proposito di sequestrare i figli del P. Angelo e di P. MAROTTA.
Poi, in una telefonata immediatamente successiva, MAROTTA Fedele, al momento del simultato incontro con i presunti malfattori – proprio per dare una ulteriore apparenza di veridicità al sequestro – richiedeva, con toni preoccupati, alla sorella di allertare le Forze dell’Ordine. Ciò perché MAROTTA Fedele a suo dire – per il numero dei soggetti che erano giunti per incontrarlo, per il loro atteggiamento e per le stesse modalità con cui lo stavano approcciando – temeva che potesse succedergli qualcosa di grave.
Successivamente, per quanto ricostruito sulla base dei gravi indizi raccolti, gli indagati ed altri complici in via d’identificazione: 1) avrebbero simulato le tracce del sequestro di persona di MAROTTA Fedele, lasciando l’auto del Marotta abbandonata in aperta campagna, con i fari accesi ed i cellulari nell’abitacolo; 2) avrebbero inscenato, per otto giorni (durante i quali si mettevano reiteratamente in contatto telefonico con la moglie del Marotta Fedele e la sorella di quest’ultimo, ) lo stato di prigionia del Marotta Fedele in un luogo segreto, al fine di costringere P. MAROTTA stessa (e per essa, il Pinto) a versare un riscato per la liberazione del Fedele MAROTTA di euro 500.000, non riuscendo però a conseguire il profitto a causa delle resistenze dei predetti familiari.