Se durante la separazione il coniuge instaura una stabile e continuativa convivenza con un nuovo partner, viene meno l’obbligo di assistenza materiale da parte dell’altro coniuge e quindi il diritto all’assegno.
Separazione e rapporti economici
La questione sottoposta all’esame della Corte di Cassazione trae origine dalla sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Lecce in tema di separazione con cui veniva revocato l’assegno di mantenimento posto a carico del marito in favore della moglie, avendo il Giudice accertato che quest’ultima aveva instaurato una nuova relazione “affettiva”. Ma non sempre una relazione “affettiva” determina il venir meno il diritto all’assegno di mantenimento da parte del beneficiario. Ed invero, partendo dal caso su citato, la moglie, a cui era stato revocato l’assegno perché aveva intrapreso una relazione dopo la separazione, impugna il provvedimento e la Suprema Corte, con ordinanza n. 34278/2023, ha ripercorso i fatti di causa ed esaminato la relativa normativa e giurisprudenza di riferimento, accogliendo il ricorso proposto dalla moglie. La Corte si è in primo luogo soffermata sull’esame della natura e della funzione dei provvedimenti diretti a regolare i rapporti economici tra i coniugi in regime di separazione, affermando che gli stessi “postulano la possibilità di adeguare l’ammontare del contributo al variare nel corso del giudizio delle (..) condizioni patrimoniali o reddituali (dei coniugi), ed anche, eventualmente, di modularne la misura secondo diverse decorrenze riflettenti il verificarsi di dette variazioni, con la conseguenza che il giudice di appello, nel rispetto del principio di disponibilità e di quello generale della domanda, è tenuto a considerare l’evoluzione delle condizioni delle parti verificatesi nelle more del giudizio”. Rientrano in tali mutamenti anche l’instaurazione di una stabile convivenza di fatto, poiché attraverso la stessa il coniuge avente diritto alla corresponsione dell’assegno può contare anche sulle risorse economiche del nuovo partner, posto che in questo caso si presume che le risorse economiche vengono messe in comune, salva prova contraria.
La natura della relazione affettiva
Nel caso di specie, spiega la Corte, il Giudice di secondo grado ha revocato l’assegno di mantenimento sulla base della circostanza che in talune notti, durante l’estate del 2019, il nuovo partner aveva pernottato presso l’abitazione della moglie, accertando in questo modo l’esistenza di una “relazione affettiva” tra i due. Rispetto a tale deduzione, la Suprema Corte ha ritenuto che il Giudice del merito abbia fornito “una motivazione al di sotto del c.d. minimo costituzionale, che non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio in quanto non spiega le ragioni per le quali si è ritenuto che dagli elementi di fatto accertati si potesse desumere non già una semplice relazione affettiva, ma la convivenza, o comunque una relazione di tipo familiare, tale da comportare l’assistenza morale e materiale tra le parti”. Invero, ricorda la Corte, la giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto richiede che, affinché operi la presunzione circa l’utilizzo condiviso delle risorse economiche di cui si è dato sopra conto “occorre preventivamente accertare che si tratti di una relazione non solo “affettiva” ma di un rapporto stabile e continuativo, ispirato al modello solidale che connota il matrimonio, che non necessariamente deve sfociare in una stabile coabitazione, purché sia rigorosamente provata la sussistenza di un nuovo progetto di vita dello stesso beneficiario con il nuovo partner, dal quale discendano inevitabilmente reciproche contribuzioni economiche, gravando il relativo l’onere probatorio sulla parte che neghi il diritto all’assegno”. Il caso sottoposto al vaglio della Corte non ha affatto provato che tra l’ex moglie e il nuovo partner ci fosse una stabile relazione ovviamente questo non toglie che c’era ma non è stato adeguatamente provato e per tale l’ex marito è tenuto a sopportare l’onere del contributo di mantenimento.