CronacaNorme e tributi

Istigazione al suicidio; quando i social possono essere un arma pericolosa

Bisogna essere coscienti e consapevoli di poter fare danni, creare traumi emotivi

Giovanna Pedretti, titolare della pizzeria Le Vignole di Sant’Angelo Lodigiano è stata trovata senza vita nel pomeriggio di domenica 14 gennaio nel fiume Lambro. La Procura di Lodi, dopo il ritrovamento del cadavere, ha aperto un’inchiesta che ha l’obiettivo di comprendere lo stato emotivo della 59enne travolta dalle accuse di aver falsificato una recensione per la quale aveva ottenuto complimenti e attenzioni e chiarire se quei commenti abbiano contribuito o meno all’intento suicidario di Pedretti. Analizziamo nello specifico cos’è il reato di istigazione al suicidio e i suoi elementi costitutivi nonché le conseguenze sotto il profilo della responsabilità penale. Come si può dimostrare un’istigazione al suicidio?

L’istigazione al suicidio può essere di natura morale o materiale. 

In questo caso sembra esclusa la natura materiale dell’istigazione al suicidio, perché, stando a quanto emerso finora, non sembra che ci sia stato qualcuno che materialmente ha aiutato la povera signora a togliersi la vita. Va quindi considerata l’ipotesi di un concorso morale per il quale assume rilevanza decisiva il nesso causale. Occorre cioè stabilire se, eliminando mentalmente il contributo di istigazione, il suicidio si sarebbe verificato in quei tempi e con quelle modalità.

Quindi gli investigatori devono capire se in mancanza di un evento in particolare la signora si sarebbe lo stesso tolta la vita.

In termine tecnico si chiama incidenza causale della condotta di istigazione sul suicidio, quindi se ha concorso, quantomeno nel rafforzamento, del proposito suicidiario. Se quello di togliersi la vita fosse stato un disegno coltivato indipendentemente dalla condotta di istigazione, non ci sarebbe il reato. Pertanto, se le indagini affermassero che la signora aveva altri problemi di carattere personale che l’hanno portata a togliersi la vita, in questo caso non si parlerebbe di istigazione al suicidio

Tuttavia, bisogna tenere conto che è rilevante penalmente anche la condotta di rafforzamento, questo si verifica quando la donna aveva già un proposito suicidario che, però, è stato rafforzato dal contributo morale di altre persone. Analizziamo i comportamenti tenuti sui social?Responsabilità penali

Più persone possono concorrere nel reato. 

Il problema è che la condotta di partecipazione morale, che configura l’istigazione al suicidio, non è predeterminata e si può manifestare i vari modi descritti con i concetti ampi di determinazione, rafforzamento, istigazione. Quindi qualunque tipo di condotta che abbia però quella efficacia causale rispetto alla verificazione dell’evento.

Per esempio, il consiglio, il suggerimento, l’esortazione, l’atto di persuasione, il comando di suicidarsi, se si stabilisce che ha avuto un’efficienza causale anche solo nel rafforzamento del proposito suicidario, assume rilevanza penale. Che questa condotta l’abbiano tenuta cento persone, vuole dire che sono cento potenziali responsabili.

Il commento o il post per integrare il reato di istigazione al suicidio non è detto che debba contenere l’invito esplicito a farlo.

La condotta non è predeterminata dal codice. Deve essere una condotta di partecipazione morale, cioè che ha inciso dal punto di vista psichico sulla determinazione al suicidio. 

La norma incriminatrice è molto pericolosa per tutte le persone che fanno gli odiatori sui social, perché a certe condizioni rischiano concretamente di essere incriminati per l’istigazione suicidio.

Non solo, se la condotta di queste persone si fosse estrinsecata in una minaccia o in una violenza, potrebbe non trattarsi più di semplice istigazione al suicidio, ma di concorso in omicidio volontario, ossia gli autori sarebbero considerarti direttamente responsabili della morte.

La gravità del reato di istigazione al suicidio

Si tratta del delitto 580 del codice penale ed è punito, se il suicidio avviene, con la pena da 5 a 12 anni di reclusione e, se la persona istigata è minore degli anni 14 oppure incapace, si applicano le pene relative all’omicidio. 

Quindi, al di là del caso specifico, bisognerebbe, quando si scrivono post sui social, tenere sempre conto delle conseguenze estremamente gravi che ne possono derivare.

Nel caso di specie non ci sono elementi, allo stato, almeno a giudizio di chi scrive perché possa essere iscritta a carico di qualcuno la notizia di reato per istigazione al suicidio ma, in generale, la gogna social-mediatica può essere una condotta di natura morale causalmente rilevante per l’evento suicidiario, con la conseguente punizione degli autori.

Per cui quando si usano i social, per esprimere le proprie opinioni, bisogna essere coscienti e consapevoli di poter fare danni, creare traumi emotivi che non è la prima volta, purtroppo, che finiscono in tragedia a cui fanno seguito responsabilità morali e giudiziarie.

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