Saint Malo, un artista enigmatico, non solo nei suoi scritti ma nella vita, ci ha regalato una fetta del suo vissuto fin ora sconosciuta a noi tutti. Sicuramente ci troviamo davanti ad una personalità sui generis, che non si arrende di fronte al ‘punto’ ma ne riparte con una nuova riga!
Come nasce lo pseudonimo di Saint Malo?
«Ho scelto lo pseudonimo di Saint Malo poiché nella mia “geografia” interiore sento di somigliare a questa cittadina della Bretagna celebre per le sue mareggiate. Proprio come Saint-Malo, emotivamente parlando, mi sento esposto. Spero di aver reso l’idea…»
Che tipo di artista sei, come ti definiresti?
«Credo che un artista non debba definirsi. Sento unicamente di poter affermare che cerco di essere una “penna” onesta, al netto delle sublimazioni che tendono a confluire nella scrittura. Citando Patrizia Cavalli: “E’ ciò che manca che fa esistere le parole”»
Perché hai scelto proprio la scrittura per esprimere ciò che risiede dentro di te?
«La scrittura è sicuramente il canale espressivo più congeniale per chi ha una strutturazione caratteriale come la mia: pur non potendomi definire un introverso, mi considero una persona introspettiva, riflessiva e riservata. Ecco perché attraverso la scrittura affido al foglio il mio intimo, spogliandolo di qualche “sovrastruttura” di troppo. In questo senso, come persona ho beneficiato della scrittura e alla stessa affido la diffusione di un messaggio: un soggetto di sesso maschile può e deve veicolare i propri sentimenti senza condizionamenti di sorta. Il machismo, l’impenetrabilità maschile, sono tutte cose stupide. Sottoculture che portano l’uomo unicamente all’autosabotaggio.»
Vorresti parlare un po’ del tuo percorso da scrittore?
«Mi sono approcciato alla scrittura con la musica, verso i quindici anni. Tutt’ora, anche se in modo sporadico, mi piace ancora scrivere canzoni. L’approccio con la poesia invece è arrivato in un secondo momento e, ad oggi, considero la poesia l’alleata ideale per la mia veicolazione non solo emotiva ma anche valoriale e concettuale. Ritengo in ogni caso che il confine tra queste due modalità espressive sia davvero sottile. I presupposti dell’“azione” musicale e poetica sono i medesimi.»
Quale sentimento/emozione/elemento ti accompagna in ogni tuo scritto?
«Scrivo in maniera istintuale, preferendo il verso libero proprio per preservare la spontaneità del momento. L’ispirazione, almeno per me, ha origine nell’incontro tra due elementi: uno interno e l’altro esterno. Possiamo sintetizzare quello interno nella predisposizione in un dato momento all’ascolto interiore; mentre per quanto riguarda la matrice esterna questa può essere (e quasi sempre lo è) l’input di natura sentimentale. L’ispirazione è un po’ l’abbraccio tra queste due componenti, entrambe estremamente coinvolgenti!»
C’è un aforisma scritto da te che mi ha colpito molto: “Undicesimo comandamento: celebrare il fallimento”. Va contro gli schemi della società odierna, che non accetta i fallimenti. Ti va di parlarne un po’?
«Il fallimento è una grande risorsa perché oltre a rappresentare un momento di crescita, ci “inchioda” davanti alla serena accettazione dell’imperfezione umana. Oggi probabilmente quello di cui abbiamo bisogno è tornare ad annusarci come essere umani e mandare in soffitta (per non dire altrove) certi canoni di presunta perfezione. Solo rimettendo in circolo questa “fragranza” potremmo riappropriarci di relazioni umane più solide e genuine. Diversamente, ostinandoci a rappresentarci agli altri come prodotti da vetrina ben confezionati, siamo destinati a rimanere e a percepirci come distanti.»
Scrivere in modo talvolta ermetico e riuscire ad arrivare al pubblico, come fai tu, è una grande vittoria.
«Sulla mia pagina sono presenti poesie, pensieri, riflessioni, che possono essere stati scritti anche molti anni fa. Non è una puntualizzazione che ho l’abitudine di fare quando condivido un contenuto. In fondo, si tratta pur sempre di spaccati della mia stessa vita. Mi allaccio a questo per dire che gli scritti più ermetici, grossomodo, appartengono a fasi meno recenti mentre attualmente preferisco essere sicuramente più diretto. Senza dimenticare però che la poesia non può essere un’operazione troppo scolastica, perderebbe di caratterizzazione.»
Sei sensibile, ma sei anche molto razionale?
«Mi definisco idealista e sognatore, pertanto tendo ad essere molto poco razionale. Tuttavia, nella tasca dei jeans, mi porto una dose minima di realismo. Né magra né eccessiva: quanto basta, insomma!»
Hai mai affrontato delle assenze che hanno avuto un peso?
«Sul piano familiare non posso recriminare nulla: ho sempre avuto tanto dai miei genitori. Se ho sensibilità verso alcune cose e solidi punti valoriali, è proprio per quanto di buono sono stati capaci di trasferire. Sul piano sentimentale ho collezionato sicuramente delusioni e sperimentato il peso dell’assenza. Nel particolare, l’assenza di un legame stabile, duraturo, che non si è ancora materializzato per circostanze imputabili in verità anche al sottoscritto.»
Che rapporto hai con l’empatia?
«Ho un rapporto assoluto: sono molto centrato sulle vicende interiori. Non riesco a scindere però l’empatia dalla sensibilità: per me si tratta di un naturale riverbero della stessa.»
Secondo te cosa vuol dire, al giorno d’oggi, essere empatici?
«L’empatia apre importanti canali di connessione. Essere empatici significa poter risultare estremamente accomodanti per le vicende interiori dell’altro, in un contesto di reciprocità. Devo anche dire però che in presenza di eventi particolarmente dolorosi, un amico o un partner, può mettere in campo tutta l’empatia della quale dispone ma difficilmente potrà esserci piena immedesimazione nel dolore altrui. A meno che non ci sia una condivisione dell’evento traumatico. Solo chi vive un forte dolore ha il termometro interno dello stesso.»
In generale, com’è la vita di una persona spiccatamente sensibile?
«E’ una vita a nervi scoperti! Dico sempre che la persona sensibile si porta dentro un pozzo: che sia nel bene o nel male tutto giunge in profondità. Gli eventi negativi destabilizzano anche più del dovuto; ma delle cose positive si riesce a goderne davvero appieno! E quanto è bello, diciamolo…»
Cos’è per te l’amore?
«Non un concetto da afferrare a tutti i costi! L’amore è da sperimentare, non da capire! Per non essere accusato di ermetismo ti dico che nella mia personale idea l’amore è soprattutto affinità, complicità, e sostegno incondizionato.»
Un consiglio che daresti ai tuoi lettori?
«Essere uomini verticali: volate alto con i vostri sogni!»
con la collaborazione di Alessia De Luca e Chiara Del Gaudio.