MIRACOLO A NAPOLI
«Quasi non ho mai visto un quadro così bello. Un delitto contro l’arte, lo hai trasformato in un brillare di gioia di mondi futuri pieni di luce per tutti». Paola Pariset
Un’opera transrealista-visionaria-umanitaria di Francesco Guadagnuolo, ambientata a Napoli, mette in corrispondenza “La Venere degli stracci” con l’attuale incendio che l’ha distrutta. Guadagnuolo è un artista siciliano noto un po’ in tutto il mondo,è il maggiore rappresentante del Transrealismo italiano, lavora tra Roma, Parigi e New York per cui la sua attività di pittore, scultore e incisore lo porta spesso fuori dall’Italia. L’Opera per la quale è maggiormente conosciuto è Il debito estero – verso una nuova solidarietà che si trova, dal 1999, permanentemente esposta nella sede dell’ECOSOC all’ONU – New York. Napoli è un territorio antico, pieno di storia, memorie e narrazioni tradizionali, ricche di attrattive e misteri che avvolgono gli ambienti e le strutture.
L’opera pittorica del Maestro Guadagnuolo che ha volutointitolare: “Miracolo a Napoli” rivela la presenza di una notte metafisica, di un profondo disagio che avvolge lo spazio della piazza del Municipio dominata dall’edificio simbolo: il Castel Nuovo, detto Maschio Angioino. Sono tre gli elementi racchiusi nel dipinto di Guadagnuolo, in uno spazio-tempo transreale, che ferma la città nell’attimo dell’incendio.
Il primo elemento è dato dalla storia dell’arte: si tratta de “La Venere degli stracci” di Michelangelo Pistoletto realizzata nel 1967 che immortala un tempo passato.
Il secondo elemento è l’opera di Guadagnuolo data dagli stracci che volano verso mondi migliori, in una notte dall’atmosfera particolarmente inquietante.
Il terzo elemento è preso dalla cronaca, riguarda la piaga di Napoli dei tanti poveri senza tetto che hanno difficoltà a sbarcare il lunario.
Guadagnuolo, con quest’opera, esprime una profondità poetica, trovando un’eco di bellezza dentro le visioni della rovina dell’incendio, che ha distrutto l’installazione. Una realtà sensibile ed una realtà immaginativa s’incontrano, dando origine ad un’inquieta notte che sembra più appartenere al mondo onirico. Potremmo dire un’arena di strada, dove popolano i poveri attorno alla loro presenza–assenza in una Napoli che da sempre ha sofferto il disagio degli invisibili straccioni da cui si possono generare leggende metropolitane di ogni tipo.
Abbiamo chiesto all’artista come le è venuta in mente la progettazione dell’opera: «Conoscendo la condizione in cui vive Napoli e avendo visitato questo straordinario luogo, molto caratteristico, impulsivo, impenetrabile, si è formata nella mia mente un’immagine metafisica sconsolante per chi osserva l’opera. Ho pensato che gli stracci dei poveri non possono bruciare perché appartengono all’indigenza degli invisibili dove nessuno ha mai dato importanza agli stracci consumati che indossano. Nel dipinto, in basso, sembrano formarsi due colonne di stracci al posto della Venere che non rappresentano le magnificenze greche o romane, ma i poveri come se fossero aggrovigliati nell’attesa che qualcuno possa accorgersi di loro. Guarda caso, come dicono i media, pare che un presunto clochard abbia appiccato il fuoco all’installazione! Ci siamo domandati perché è successo questo? I poveri non interessano a nessuno, si sentono abbandonati, vivono di quel poco che riescono a racimolare per strada, ma sembra che questo non riguardi nessuno. Per rendere quest’aspetto, avevo bisogno di qualche cosa di particolare, un soggetto che andasse oltre la realtà, mi sono ricordato del film “Miracolo a Milano”. Un racconto di benevoli emozioni, come quelli che nel 2020 abbiamo sentito all’origine del Covid-19: “andrà tutto bene, e diventeremo più buoni”. Non è andata così, avremmo voluto una realtà diversa».
Se oggi pensiamo come si vive in certe baraccopoli napoletane, persiste una barriera per quella separata città ricca e opulenta. Disgraziatamente esistono avversità destinate a permanere anonime, come le loro sussistenze. Esistenze andate in fumo, aspirazioni che nessuno rincorre più, sofferenze quotidiane che hanno finito di lottare perché sono battaglie già perse. Davanti ad una materialità indegna in cui le lacrime hanno finito discorrere nella rassegnazione insopportabile, rimane quel tunnel d’inferno con tutti i suoi vuoti che si persevera, a fare finta di niente ed a non rivelare.
L’arte ha anche la competenza di esortare le coscienze e le avversità della nostra realtà. L’arte genera richiami consistenti, emozionali: come in questo caso “Miracolo a Napoli”, l’informazione contro gli orrori della classe umile, povera, che nessuno vuole pensare perché i poveri disturbano, disturbano a Milano come disturbano a Napoli.
I clochard di Napoli come “Miracolo a Milano”, che con la loro irrilevante vita da emarginati manifestano lo schieramento immorale e ipocrita della ‘Napoli bene’. Malgrado ciò vive ancora l’attesa, quasi ad invocarlo quel viaggio tra le nuvole del Duomo di Milano, come volo liberatorio degli stracci in “Miracolo a Napoli”. Scusate il disturbo…